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Valerio Massimo MANFREDI,

L'armata perduta

Mondadori, 2008

Il romanzo storico parte con la descrizione della protagonista, di cui non dicono mai il nome, e delle sue due amiche. Le tre ragazzine quasi adolescenti vanno sempre ad attingere l’acqua al pozzo ed ormai per loro è diventata un’abitudine. Un giorno vedono i loro paesani lapidare una donna e lasciarla li a terra sotto una valanga di sassi e terra, le ragazzine un po’ impaurite ma allo stesso tempo curiose dalla faccenda, di notte, vanno a vedere quello che pensavano il cadavere della donna ma scoprono che è ancora viva per miracolo, la soccorrono subito senza pensare al fatto che i loro genitori e i paesani l’hanno appena lapidata e la portano al sicuro lontano da tutti. Quando la donna si riprende dice di chiamarsi Abira, che era originaria anche lei di quel paesetto abitato da poche persone e che un giorno, al passaggio dell’esercito di Ciro, ha preferito scappare dal villaggio con un soldato di cui più avanti si scoprirà il nome, Xeno, piuttosto di fare una vita piatta e monotona come sua madre, e tutte le donne del villaggio. Da qui il libro cambia totalmente narratore e si passa dalla ragazzina che è la protagonista ad Abira che inizia a narrare il suo viaggio da quando è scappata a cavallo a quando l'hanno ritrovata sotto il mucchio di pietre. Tutto il viaggio è ricco di tensione e ti porta a leggere pagina dopo pagina il libro fino alla fine. I colpi di scena non mancano, anzi, sono molti ed è impossibile prevederli perché succedono molte cose sorprendenti che sconvolgono la scena, tra queste molti omicidi e molte situazioni di crisi nel quale i vari protagonisti sono chiamati ad uscirne nel più brillante dei modi combattendo ma, soprattutto, usando il cervello e qui anche il lettore, preso dal libro, si ritrova a fare molte domande del tipo “Che cosa avrei fatto io?” “Sarei stato capace di prendermi una responsabilità più grande di me?” oppure, come anche nel mio caso, si immedesima in un personaggio nel quale si rispecchia. Il romanzo non è come tutti gli altri libri del genere romanzo storico ma dal mio punto di vista  è molto più semplice e ricco di avventure anche se non risparmia  molte scene crude e di sesso e utilizza molti termini  difficili da capire ma, basta usare il dizionario o capire il termine andando avanti a leggere, e tutto si risolve.

 

                                                                                       Daniel


Valerio Massimo MANFREDI,

Idi di marzo,

Mondadori, 2008

Questo libro è ambientato nell’impero romano, governato da Caio Giulio Cesare nel 44 a.C.

Cesare era descritto come un grande imperatore, che aveva molti amici che lo adoravano e che mettevano anche a sua disposizione la propria vita;ma purtroppo anche numerosi nemici, che lo definivano tiranno.

Tra gli amici, troviamo il fedelissimo Publio Sestio, centurione della potente armata romana, che come raccontatoci da Manfredi, autore del libro, tentò in tutti i modi di salvare la vita del suo sovrano mettendo a repentaglio la propria.

Pare infatti che proprio Sestio abbia dovuto cavalcare per giorni e notti, al fine di raggiungere al più presto il suo stimato comandante, andando in contro a pericolose avventure come il furioso scontro avuto con Quintiliano amico di Bruto.

Oltre a Publio Sesto vi furono altri che ceracrono di salvare la vita dell’imperatore.

Tra questi troviamo Antistio suo medico, Artemidoro descritto come uomo di cultura e la moglie Calpurnia che a seguito di sogni premonitori tentò in tutte le maniere di dissuaderlo di recarsi al senato, dove Cesare venne ucciso.

Tra i suoi nemici invece, l’esempio Massimo pare essere stato Bruto figlio di Servilia, amante dell’imperatore, che fu proprio colui il quale preparò la congiura dove imperse il colpo mortale a Cesare.

Il Manfredi racconta che Cesare fosse già informato di una congiura preparata contro di lui, ma egli nonostante ciò, pensava solo al suo impero e di come ingrandirlo attraverso delle guerre.

Questo è stato un libro che mi ha fatto capire che le inimicizie e l’oedio verso le persone, purtroppo, non è solo storia odierna, ma esistevano già ai tempi di Roma, capitale del mondo.

L’odio e l’inimicizia sono dettate dall’ignoranza e dall’invidia o, comunque, da idee strane.

Bruto uccise Cesare perché non era d’accordo sia con le sue idee politiche e militari, sia perché mirava al suo trono invidioso della grandezza di Caio Giulio CEsare

 

                                                                 

 

ISIS J.F.Kennedy Monselice                                                                                                                                                             © raccisa 2006